La cura Trump è sbagliata: non servono dazi ma più tutele

Prodi: la cura Trump è sbagliata. “Non servono dazi ma più tutele”
“La politica non ha gestito il benessere. I populismi? Nessuno sbocco”

Intervista di Davide Nitrosi a Romano Prodi su Quotidiano Nazionale del 12 novembre 2016

Brexit, Trump, i populisti. Professor Prodi, è il pedaggio della globalizzazione?

«Paghiamo il prezzo di alcuni errori della globalizzazione, ma provate a immaginare se non fosse stato esteso un minimo di benessere ai due terzi dell’umanità che ne erano esclusi. Il processo era inevitabile e doveroso».

Ma a pagarne gli effetti sono le classi medie occidentali.

«Perché non si è evitato che la globalizzazione fosse gestita da strumenti puramente finanziari che non tengono conto della realtà economica».

E’ mancata la guida politica?

«Certo. Ed è iniziata la concorrenza fra paesi nel tentativo di accaparrarsi le strutture finanziarie e attrarre capitali con abbattimenti fiscali, smantellando il welfare e arretrando pensioni e salari».

L’arrivo di Trump rappresenta la fine della globalizzazione?

«Trump è sulla linea di tutti i partiti antisistema, che reagiscono di fronte alla situazione attuale con la protesta. Il suo programma è lo stesso della Le Pen, Orban e dei populisti italiani».

Fermeranno la globalizzazione?

«Raccolgono la paura di chi è più a rischio degli altri, delle classi medie che hanno visto peggiorare le condizioni di vita, ma non offrono proposte concrete per uscire da questa situazione».

Neppure Trump?

«L’abbassamento delle imposte per le categorie più elevate non si concilia con le analisi che Trump fa sulle cause dell’impoverimento. Ma di fronte alla paura non c’è bisogno di fare proposte concrete per attrarre voti e simpatie».

Il fatto è che i partiti tradizionali non convincono.

«Ma i partiti nuovi si fondano sull’insoddisfazione e la paura del presente, evitano l’ideologia. Prenda i 5 Stelle, hanno superato i confini della Lega e raccolgono il consenso non solo di chi è contro l’immigrazione intercettando le tante e diverse paure dei cittadini. E’ una risposta antisistema che pesca a destra e a sinistra, ma non offre soluzioni».

C’è chi dice che l’errore è stato permettere l’ingresso della Cina nel Wto. La classe media occidentale ne paga le conseguenze.

«Se non fosse entrata la Cina ci sarebbero altri paesi. Il salto in avanti di questi paesi era assolutamente indispensabile per evitare conflitti globali. Oggi poi la Cina è da tutti ritenuta uno strumento prezioso anche per la nostra crescita. Il problema è che il passaggio non è stato gestito con le protezioni necessarie».

Con i dazi?

«I dazi no, ma occorrono garanzie ad esempio per evitare il dumping. Garanzie sull’uso corretto degli strumenti produttivi dal punto di vista sanitario, sulla tutela dei diritti dei minori troppo spesso utilizzati nel lavoro, e sui diritti delle persone. Serve la forza di far rispettare le regole che già esistono».

Gli Stati hanno lasciato le decisioni fondamentali a organismi non democratici, come Bce e Fmi.

«Un gravissimo problema. Ed è per questo che mi preoccupa la crisi e l’attacco all’Europa. Un’autorità europea forte avrebbe potuto gestire in modo più efficace la nostra globalizzazione. Oggi l’unico elemento che protegge la nostra economia è la Bce, che per definizione non è democratica».

La soluzione è superare lo Stato nazione che ormai soccombe di fronte a istituzioni come il Fmi?

«Lo Stato nazione europeo è nettamente da superare perché impotente di fronte ai cambiamenti e perché lascia lo scettro del mondo agli altri protagonisti».

Siamo anche deboli di fronte ai colossi della tecnologia che anzi spaventano le classi impoverite.

«La geografia del voto americano mostra come il progresso tecnologico abbia spaccato la società in due. I vincenti della California o delle sponde dell’Atlantico hanno votato Clinton. I perdenti del Mid West hanno votato Trump».

Il referendum del 4 dicembre può essere simile a una Brexit?

«La Brexit entra nella stessa famiglia del voto a Trump, è stata l’espressione britannica della paura del cambiamento e di chi ha sofferto per una globalizzazione guidata male».

Chi ha le colpe? I politici europei?

«I leader europei degli ultimi anni si sono chiusi nell’interesse nazionale, nel preparare le elezioni del giorno dopo e non invece nel cambiamento della società e nella protezione dei più deboli».

Print Friendly, PDF & Email
Be Sociable, Share!

Dati dell'intervento

Data
Categoria
novembre 12, 2016
Interviste