La Germania volti pagina: se non vuole farlo nel nostro, lo faccia nel suo interesse

Prodi: non rivolgiamoci solo al «medico tedesco»

Articolo di Dino Pesole su Il Sole 24 Ore del 04 luglio 2014

Con l’avvio del semestre italiano di presidenza dell’Unione europea, s’intensifica il dibattito su quali strategie porre in essere per «rivitalizzare» l’economia del Vecchio continente e indirizzarla finalmente verso un sentiero di crescita e di sostegno all’occupazione. Se ne è discusso ieri nel corso dell’intensa mattinata organizzata alla Farnesina dal «XXVI Villa Mondragone international economic seminar».

Romano Prodi, intervenuto nella prima parte della sessione mattutina, lancia una proposta concreta, che parte da questa constatazione: se il malato è affetto da anemia, di certo abbiamo sbagliato la ricetta di uscita dalla crisi, poiché in Europa ha finito per prevalere «il medico tedesco». Ecco allora che la strada passa necessariamente da un «forte alleanza» tra i paesi, Italia, Francia e Spagna in testa, per «per proporre un medico diverso al capezzale».

Matteo Renzi – osserva l’ex presidente del Consiglio – ha fatto bene a porre l’accento sul tema della crescita. Il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, il tedesco Manfred Weber, ha replicato sbarrando di fatto la strada a possibili flessibilità per i paesi che ancora non hanno risanato il proprio debito. «Una risposta appunto applicata con la ricetta del medico tedesco», osserva Prodi. E invece il vero problema «non è che c’è troppa Europa, è che ce ne è poca, e così abbiamo affidato l’uscita dalla crisi alle fondamentali decisioni di Mario Draghi, che è un tecnico, non un politico. Un ruolo sostitutivo della crisi impressionante, ma oltre non potrà andare».

La partita è complessa, la posta in gioco altissima, con molte incognite se la Germania continua a coltivare la tentazione «di rappresentare l’Europa stando da sola», mentre si prefigura un indubbio danno di immagine per una Gran Bretagna incerta che «non ha ancora deciso se é europea o no». La Germania deve voltare pagina: «È un paese di grandi virtù ma dove si è diffusa una cultura politica, per cui ogni azione espansiva è un favore indebito a noi cialtroni». Se non fanno loro la politica espansiva, «ma chi la fa? Se non volete comportarvi nell’interesse comune, fatelo nel vostro».

Ad Enzo Moavero Milanesi il compito di spiegare che in uno schema hegeliano alla tesi (il rigore) abbiamo contrapposto l’antitesi (la crescita) e ora stiamo immaginando la sintesi nella flessibilità. In realtà, se il rigore è stato il presupposto indispensabile per ridare fiducia ai mercati, «la crescita non vi è mai stata disgiunta».

Anche la querelle sulla flessibilità rischia di essere fuorviante, poiché diverse interpretazioni delle norme sono già possibili. Gli esempi? L’aver adottato il dato del deficit strutturale al posto del deficit nominale, aver concesso più tempo a Francia e Olanda per rientrare sotto il 3% nel rapporto deficit/pil, l’aver autorizzato lo sblocco dei debiti pregressi della Pa in Italia. Si può riaprire il dossier della «clausola per investimenti» per i paesi fuori dalla procedura per disavanzo eccessivo, e si può immaginare un ritmo più lento di riduzione del debito per chi fa le riforme.

Dello stesso avviso il commissario al Mercato Interno, Michel Barnier, intervenuto in audizione alla Camera e successivamente in un incontro con la stampa: «Il patto di stabilità contiene la flessibilità che si può utilizzare e che abbiamo già utilizzato con la Spagna e la Francia». Quanto agli eurobond, «la situazione non è ancora matura. Ho invitato la presidenza di turno italiana ad accelerare sui project bond». La ricetta, che vale per l’Italia come per la Francia, è che non serve fare più deficit, «servono le riforme in grado di accrescere il potenziale di crescita dell’economia». In questo senso il «dinamismo e la volontà» di Matteo Renzi «è fonte di fiducia».

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Dati dell'intervento

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luglio 4, 2014
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