Riequilibrare il rapporto Italia-Francia converrà prima di tutto a Macron
Impegni disattesi: ora Macron riequilibri il rapporto con l’Italia
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 23 luglio 2017
Poche settimane fa abbiamo salutato con grande sollievo la vittoria di Macron in Francia. Un sollievo ben giustificato per i pericoli che ha evitato ma, soprattutto, per lo spirito di collaborazione europea e di rilancio dell’economia che il suo programma conteneva. Sono passate poche settimane da quel giorno ma le dichiarazioni e le decisioni del nuovo Presidente ci obbligano a fare qualche preoccupata riflessione sulla strategia di governo da lui adottata e sulle decisioni italiane necessarie per confrontarsi con la nuova situazione.
Era ovvio che, date le paure generate dalla crisi e dalle tensioni internazionali, il primo obiettivo di Macron sarebbe stato quello di riassicurare e proteggere i francesi di fronte a ogni minaccia esterna e di fare rinascere il ruolo internazionale della Francia.
Ed è quello che fino ad ora è avvenuto, anche in misura assai maggiore del previsto. Il Presidente francese ha indirizzato principalmente a questo scopo gli obiettivi di politica europea che erano stati il grande elemento innovativo della sua campagna elettorale.
La prima riassicurazione è stata riguardo all’immigrazione: una presa di posizione di chiusura assoluta nei confronti dell’Italia, una presa di posizione che cancella il precedente messaggio che Macron aveva rivolto a Gentiloni, riconoscendo che la Francia non aveva ascoltato con sufficiente attenzione il grido di dolore che veniva dal Mediterraneo.
La seconda riassicurazione è stata quella di ribadire il peso militare ed economico della Francia, proponendo alla Germania di costruire con cooperazione bilaterale e su piattaforma francese il nuovo aereo militare e altri sistemi d’arma per la difesa comune europea. Una cooperazione europea almeno inizialmente focalizzata sugli interessi nazionali.
La terza riassicurazione riguarda la protezione delle imprese francesi di fronte ai possibili acquisti stranieri. Anche questa linea strategica tocca particolarmente l’Italia con il caso Fincantieri. Come è ben noto la nostra Fincantieri ha acquistato da un impresa coreana il 66% dei cantieri francesi di Saint Nazaire. Mentre la proprietà coreana non provocava alcun problema, il fatto che la nostra Fincantieri divenisse azionista di maggioranza della più grande impresa cantieristica francese ha suscitato le inattese reazioni del governo d’oltralpe, dando origine ad un braccio di ferro senza fine, che potrebbe concludersi con una proprietà paritaria. Non certamente la scelta migliore per il futuro dell’impresa.
Sottolineo la singolarità di questo caso perché negli anni scorsi i nostri cugini l’oltralpe hanno comprato metà dell’Italia senza che si sollevasse alcuna obiezione da parte del nostro governo. E si è trattato di imprese che non avevano certo importanza economica e strategica inferiore a quella dei cantieri navali. Parlo di banche, a partire dalla BNL per finire con Cariparma e della penetrazione nel cuore del nostro sistema finanziario. E quest’elenco continua con il crescente controllo della nostra più grande impresa telefonica e, ancora, con le massicce acquisizioni nel settore alimentare, nei servizi di pubblica utilità e nel cuore più prestigioso dell’alta moda.
Di fronte a un quadro di questo tipo non diviene certo istintivo pensare che i cantieri di Saint Nazaire siano strategicamente più importanti rispetto ad alcune delle grandi imprese che la Francia ha progressivamente acquistato in Italia. Aggiungiamo infine l’iniziativa unilaterale ( non concordata con noi) per portare a Parigi il piano per un accordo di pace sulla Libia. Speriamo almeno che, dopo aver assunto la responsabilità principale di una sciagurata guerra di cui Macron stesso ha ammesso l’errore e dopo prese di posizione perlomeno ambigue di fronte ai diversi aspetti della politica libica, la Francia si renda conto del grande equilibrio e dell’ampia condivisione che sono necessari per costruire la pace in Libia.
Non siamo certo sorpresi del fatto che il nuovo presidente della Repubblica francese abbia dedicato le sue prime settimane di governo a riassicurare i suoi cittadini sul ritorno della Francia sul palcoscenico della politica europea. L’enfasi cerimoniale e mediatica dell’incontro con Trump hanno reso palese l’obiettivo francese di rappresentare il ruolo di leadership dell’Unione Europea di fronte agli Stati Uniti.
Tutto sommato ci aspettavamo e auspicavamo che la Francia contribuisse a riequilibrare la politica Europea troppo spostata in favore della Germania ma è certo doveroso notare come questo stia avvenendo con un processo di esclusiva “riassicurazione” degli interessi nazionali e, ancora di più, con una particolare emarginazione di quelli italiani.
Credo invece che anche i nostri cittadini abbiano diritto ad una “riassicurazione” rispetto al pericoloso indebolimento del nostro ruolo nella strategia europea. Il che esige da parte nostra una politica di quotidiana difesa dei nostri interessi in ambito europeo. Tuttavia nessuna politica è efficace se non ci presentiamo con le carte in regola sul rispetto degli obblighi che ci siamo assunti di fronte agli altri paesi europei.
Rispettando queste regole possiamo anche noi giocare un ruolo di primi attori in Europa. Macron non avrà infatti la forza sufficiente per “riassicurare” i propri cittadini se non si conquisterà la solidarietà dei paesi che, come l’Italia, hanno un ruolo determinante nella costruzione della nuova Europa. La solidarietà è però qualcosa di simmetrico. Per avere solidarietà bisogna dare solidarietà.