Trump esce dall’angolo ma sconterà il gelo cinese
Gli Usa escono dall’angolo ma sconteranno il gelo cinese
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 9 aprile 2017
La reazione americana alla crudelissima guerra chimica siriana ha radicalmente cambiato il gioco politico dell’intero pianeta anche se, di per se stessa, non si tratta di un’azione militare di grande portata. L’attacco americano si è infatti limitato a colpire un solo aeroporto, arrecandovi peraltro danni di modesta portata. Pochissimi sono stati gli aerei distrutti e quasi intatte sono rimaste le piste di atterraggio. Inoltre, secondo il portavoce russo, solo 23 dei 59 missili partiti dalle navi americane avrebbero colpito le strutture aeroportuali.
Eppure una missione così modesta sta già imprimendo nuove direzioni alla politica mondiale e gli obiettivi già raggiunti dal piccolo raid americano sono molteplici e di grande portata.
In primo luogo Trump ha dimostrato che gli Stati Uniti sono ancora gli attori primari della politica mediorientale. In secondo luogo, come mette in evidenza il plauso senza riserve dell’Arabia Saudita e della Turchia, si è ricomposta la tradizionale alleanza fra gli Stati Uniti e il mondo sunnita e si è ulteriormente acuita la tensione con gli sciiti, e soprattutto con l’Iran. Il che finirà col creare ulteriori difficoltà all’applicazione dell’accordo sul nucleare iraniano, accordo che una notevole parte dell’establishment americano continua ancora ad avversare. Tutto questo rinforzerà inoltre l’antico legame fra gli Stati Uniti e Israele, da oggi ancora più impegnati nella comune lotta contro gli Hezbollah che, protetti e armati dall’Iran e potentissimi in Libano, hanno sempre costituito una spina nel fianco di Israele.
L’aspetto politico di maggiore importanza è tuttavia l’avvertimento alla Russia. Un avvertimento chiarissimo: gli Stati Uniti non sono assolutamente disposti a lasciare alla Russia il ruolo guida che Putin ha saputo conquistare in un’area così delicata come quella mediorientale.
L’eclissi della leadership americana nello scacchiere medio-orientale di fronte all’abilissima strategia di Putin era stato oggetto di ripetute critiche all’interno degli Stati Uniti: con pochi missili Trump ha rimesso le carte a posto e si è messo al sicuro di fronte all’accusa di essere al servizio della Russia.
Tuttavia, certamente consigliato dai vertici militari, favorevoli a mostrare la forza ma attenti a non impantanarsi in altri conflitti, il Presidente Americano si è premurato di avvertire della sua azione i russi con un anticipo di pochi minuti ma tuttavia sufficienti per evitare possibili danni all’apparato militare russo che si trovava ad operare all’interno dell’aeroporto di Shayrat.
Sembra invece che Trump non abbia usato la stessa delicatezza nei confronti del Presidente cinese XI Jinping, che pure era suo ospite in Florida proprio mentre veniva presa la decisione di agire militarmente in Siria. Anche se da parte cinese si è conservato un atteggiamento di assoluta riservatezza e il Presidente XI ha continuato a sorridere in modo apparentemente impassibile, non è certamente sfuggito al leader cinese che un rapido e imprevisto intervento americano può materializzarsi non solo nel fronte mediorientale ma anche in quello asiatico, soprattutto nei confronti delle minacce nordcoreane e delle azioni che la Cina dovrebbe compiere per contribuire a contenerle.
Si dice che il tempo guarisca tante cose. Io credo invece che la Cina non dimenticherà tanto presto quest’affronto, anche se essa, come ha fatto fino ad ora, si guarderà bene dall’intervenire militarmente al di fuori del suo quadrante regionale, almeno fino a quando non si sentirà forte come gli Stati Uniti.
Il grande guadagno dell’azione di Trump è tuttavia nella politica interna. Da Presidente incerto e perdente è diventato il Comandante in Capo, capace di riaffermare nel mondo il primato americano.
E lo ha fatto senza perdite, in difesa di un principio umanitario da tutti condiviso, contro un dittatore odiato da democratici e repubblicani, senza alcun costo finanziario e senza una sola goccia di sangue americano.
Non è casuale che, nella pur breve analisi di questi importanti eventi, non si sia nemmeno fatto cenno al ruolo dell’Europa. Non è casuale perché, a differenza di quanto è avvenuto nei confronti della Russia, nessun alleato europeo è stato nemmeno avvertito. I leader europei hanno dovuto prendere atto della propria irrilevanza e si sono perciò limitati ad applaudire senza una minima riflessione collettiva sulle possibili conseguenze di questi eventi nei confronti del nostro continente, pur così strettamente legato agli Stati Uniti attraverso l’alleanza atlantica.
Credo invece che questi eventi ci obblighino a riflettere sulla necessità di cominciare a costruire quel minimo di struttura comune di difesa che ci permetta, anche se in un tempo non certo vicini, di ritornare ad esistere. Per giocare un qualche ruolo almeno in casa nostra ed esercitare una pur modesta influenza nelle decisioni che riguardano il Mediterraneo e il Medio Oriente.