Impegno urgente e coordinato per uscire dalla crisi, ma è indispensabile anche una profonda riforma del sistema
Il semaforo verde di Roma a una nuova Bretton Woods
Intervento su il Messaggero del 15 febbraio 2009
di Romano Prodi
La breve ma intensa riunione del G 7 segna l’inizio di un’azione comune dei grandi paesi industrializzati contro la crisi economica che, come dice il comunicato finale, ha già portato a consistenti perdite occupazionali e si prevede durerà per quasi tutto il 2009.
Di fronte a questo crollo dell’economia è stata manifestata una comune determinazione nell’usare tutti gli strumenti disponibili per sostenere la crescita e l’occupazione e per rafforzare il traballante sistema finanziario.
Non solo il comunicato finale, ma tutti i partecipanti al vertice romano hanno sottolineato come le politiche fino ad ora adottate dai diversi paesi siano tra di loro convergenti e siano state rapidamente messe in atto, ma hanno anche aggiunto che, agendo in modo unito e coordinato, gli effetti delle azioni prese dai singoli paesi saranno più efficaci per vincere la crisi.
In sintesi: le politiche fino ad ora adottate vanno bene ma bisogna fare presto perché la casa brucia e le fiamme non danno alcun segnale di spegnersi.
Il clima di concordia è stato messo ancora maggiormente in rilievo da una lunga espressione di apprezzamento per la politica economica, fiscale e monetaria seguita dalla Cina. Dopo gli attacchi del Tesoro americano alla gestione monetaria cinese, accusata di pratiche aggressive nei confronti dei paesi concorrenti, questa pace economica fra gli Stati Uniti e la Cina non può che fare bene alle prospettive di ripresa , perché uno dei punti più delicati della crisi è proprio l’enorme squilibrio fra l’economia americana e quella cinese.
Un altro punto fondamentale è la comune volontà nella lotta contro il protezionismo, un’affermazione che potrebbe anche sembrare di maniera, ma di cui avevamo assolutamente bisogno perché anche i dibattiti del Senato e della Camera americani hanno manifestato aspetti poco rassicuranti, non solo per rinnovati richiami al “Buy American” ma per emendamenti che propongono il divieto di assunzione di mano d’opera straniera nelle banche che hanno licenziato lavoratori americani.
Il neo ministro del tesoro Geithner dovrà quindi dimostrare una certa energia per essere coerente a Washington con quanto ha firmato a Roma.
Tra i G7 non è stato soltanto siglato un patto a combattere il protezionismo, ma anche a costruire nuove regole e standard più rigorosi per i mercati finanziari internazionali. Per raggiungere questi risultati i sette ministri delle finanze hanno affidato ai loro “deputies”il compito di preparare, entro quattro mesi, uno schema di progetto di riforma sui principi etici, giuridici ed economici di funzionamento dei mercati stessi. In parole povere a preparare qualcosa di simile a una nuova Bretton Woods.
Il termine di quattro mesi mi spinge tuttavia a una doppia riflessione.
La prima è che all’inizio di Aprile vi sarà una conferenza dei G20, tra i quali abbiamo paesi assolutamente indispensabili non solo per uscire dalla crisi ma anche per scrivere un nuovo ordine economico internazionale. Una stretta unità d’azione fra G7 e G20 è perciò urgente.
La seconda riflessione riprende una frase dell’ex segretario di Stato americano Dean Acheson che, nelle sue memorie, non solo ci ricorda che Bretton Woods fu supportata da un formidabile lavoro tecnico ma che la gestazione dei lavori della Conferenza durò “più o meno due volte di quella degli elefanti”.
Non sono un’esperto di zoologia, ma credo che questo equivalga a quasi quattro anni. Distinguiamo quindi i rimedi per uscire dalla crisi (che debbono essere applicati con urgenza) dalle pur indispensabili riforme del sistema, che esigono tempi da elefante, anche perché la situazione è ora molto più complessa di allora.
Dobbiamo perciò essere grati ai sette grandi di Roma perché hanno dato il semaforo verde per raggiungere entrambi gli obiettivi ma mettiamoci subito al lavoro per potenziare il motore dell’automobile che dovrà percorrere questa difficile strada.