Nuovi scenari: accordo con la Cina per fermare la guerra alla Russia
I nuovi scenari – Le mosse che la Cina può fare per l’Ucraina
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 15 gennaio 2023
Anche se è ben noto che i cambiamenti sono più facili nei regimi autoritari che nei sistemi democratici, le novità della politica cinese degli ultimi mesi sono tali da meritare una certa attenzione.
Fino allo scorso dicembre, la Cina si difendeva dal Covid chiudendo le proprie frontiere e confinando in casa, con impressionante severità, una percentuale estremamente elevata dei propri cittadini. Improvvisamente Xi Jinping ha deciso il “liberi tutti”.
Come era facilmente prevedibile, il Covid si è subito diffuso in maniera esplosiva e, anche se mancano i dati ufficiali, ci troviamo di fronte a una crisi senza precedenti del sistema ospedaliero e a una preoccupante scalata del numero dei decessi.
Un cambiamento di politica così radicale, di cui tuttavia le conseguenze erano scontate, trova soprattutto spiegazione nel crescente rifiuto della maggioranza dei cinesi di continuare a subire le precedenti severissime restrizioni. A sua volta il governo si è reso conto che la prosecuzione dell’isolamento avrebbe provocato danni irreparabili, colpendo non solo i luoghi di lavoro, ma anche le scuole, i trasporti e ogni necessario momento di aggregazione della società.
Insieme alla svolta nella politica sanitaria, la Cina ha lanciato nuovi obiettivi per l’economia, incentivando i consumi interni con la mobilitazione dell’enorme risparmio accumulato durante il Covid.
A questo si sono aggiunti corposi incentivi per attenuare gli squilibri finanziari del settore edile e della finanza locale. Si tratta di una strategia dedicata a riprendere il precedente cammino di sviluppo, nonostante le intervenute difficoltà nel commercio mondiale.
L’obiettivo di crescita del PIL per l’anno in corso viene infatti elevato all’ambizioso livello del 6%. Non è un obiettivo facile da raggiungere perché la prima parte dell’anno risentirà ancora pesantemente dei terremoti provocati dal Covid, ma il traguardo è ritenuto realistico anche da molti operatori economici occidentali che prevedono, per l’ultimo semestre del 2023, un grande salto in alto dei prezzi mondiali dell’energia e delle materie prime proprio in conseguenza del ritorno alla crescita dell’economia cinese.
L’evoluzione nella politica economica cinese si accompagna ad un parallelo, anche se meno percepibile, cambiamento della politica estera. Xi Jinping, dopo il lungo colloquio con Biden al G20 di Bali, ha infatti ridotto il ruolo di alcuni dei suoi collaboratori più anti-occidentali, ha avuto un lungo incontro con il Cancelliere tedesco, ha ricevuto il Presidente del Consiglio Europeo e si appresta ad incontrare il Presidente francese.
Di fronte alle conseguenze della guerra di Ucraina, che ha rinforzato non solo i legami degli Stati Uniti con l’Europa, ma anche con il Giappone, con l’India e con altri paesi asiatici, la Cina si trova ovviamente spinta ad attenuare alcune tensioni con i principali paesi europei.
Tutto questo nonostante le proteste contro le nostre misure di controllo nei confronti dei viaggiatori provenienti dalla Cina, misure ovvie e, in fondo, molto meno severe di quelle adottate per anni dal governo cinese riguardo a chi chiedeva di entrare nel paese.
Questa pur ancora incompleta evoluzione voluta da Xi Jinping sta incontrando una maggiore attenzione da parte europea (e, seppure in misura minore, anche da parte americana), soprattutto in considerazione del fatto che una recessione cinese, data la dimensione dell’economia dell’Impero Celeste e la sua importanza nel commercio internazionale, provocherebbe una forte crisi in tutto il mondo.
A tutto ciò si accompagna la speranza che questo pur limitato dialogo possa riassicurare gli europei che i cinesi facciano pressione su Putin perché, in qualsiasi modo si evolva la guerra di Ucraina, la Russia non faccia uso dell’arma nucleare.
Contemporaneamente, da parte cinese, si stanno profilando segnali di una certa distanza nei confronti dell’alleato russo.
La dottrina espressa da Xi Jinping all’inizio della guerra di Ucraina era fondata sull’affermazione contraddittoria, ma significativa, che “l’amicizia fra Cina e Russia è senza limiti…….ma i confini non si toccano”.
Questa dottrina viene ancora confermata, ma le contraddizioni diventano ancora più evidenti considerando che, mentre la Cina acquista dalla Russia una quantità crescente di energia e materie prime a prezzi molto inferiori a quelli del mercato internazionale, la Cina non ha finora fornito all’amico russo una sola arma e nemmeno una sola pallottola. Questo anche nei momenti di maggiore difficoltà dell’alleato “inseparabile”.
Tutti questi cambiamenti debbono essere naturalmente osservati con molta prudenza, ma anche con molta attenzione, così come si deve riflettere sulle loro possibili evoluzioni. Quello che è avvenuto in queste ultime settimane non cambia purtroppo le nostre preoccupazioni sul futuro del conflitto ucraino e nemmeno rende concretamente vicine le prospettive di pace.
Gli avvenienti recenti rendono tuttavia ancora più evidente quello che già era evidente all’inizio della guerra: la pace è possibile solo se vi è un accordo fra la Cina e gli Stati Uniti. Infiniti sono i possibili mediatori, importante il ruolo dell’Europa nel sottolineare le conseguenze negative del conflitto, ma non vi sarà fine alla guerra se le due maggiori potenze mondiali non converranno sul fatto che, anche per loro, è conveniente porvi fine.