PD: criticare non basta, deve proporre riforme
“L’Ue così finisce male, Ursula naviga a vista – Il Pd? Criticare non basta Deve proporre riforme”
L’ex premier: Meloni ora è nel club, ma da ruota di scorta
Intervista di Paolo Valentino a Romano Prodi su Il Corriere della Sera del 30 novembre 2024
Presidente Prodi, l’Europa inizia la nuova legislatura con il più risicato voto di fiducia dell’Europarlamento a una Commissione dal 1995. Questo indebolirà Ursula von der Leyen? Nel suo libro “Il dovere della speranza“, appena pubblicato per Rizzoli, lei scrive che non è cambiato molto sul piano dei numeri rispetto a 5 anni fa e la maggioranza di popolari, socialisti e liberali è stata in fondo riconfermata. In realtà, senza il voto dei deputati di Giorgia Meloni, la fiducia non ci sarebbe stata.
“Von der Leyen finora ha soprattutto mediato. Ma se in Europa continuiamo così andiamo a finir male: è il momento di fare scelte importanti, si deve esistere sui grandi temi della difesa, della politica estera e dell’economia. Per questo ho scritto nel libro che la situazione non cambia di molto. La presidente della Commissione ha sottoscritto una polizza di assicurazione in più che si chiama Meloni. E continua a navigare a vista“.
Lei afferma che “Meloni non può permettersi di rompere con i suoi mondi”. In fondo però a Strasburgo uno strappo lo ha fatto.
“Però Meloni non ha rotto con i suoi, che rassicura di continuo. E mantiene anche ottimi rapporti con il mondo dell’estrema destra europea, Orbán compreso. Inoltre, questo cambiamento le pone non pochi problemi con gli alleati anche perché mette a nudo tensioni gravi in politica estera. Certo per ora può stare tranquilla: il governo non è a rischio per via della debolezza dell’opposizione. In questo momento non c’è possibilità di ricambio. La verità è che in Europa Meloni, come avevo detto fin dall’inizio, diventa la ruota di scorta di von der Leyen”.
Lei dice che, quando i premier che contano si vedranno al bar per prendersi un drink prima dei vertici, Giorgia Meloni non ci sarà. Forse però con questo voto entrerà nel club.
“Beh, sì, qualche drink lo berrà. Magari però qualcuno, a cominciare dalla Lega, le metterà un po’ di veleno nel bicchiere. Ma lei ha ragione: in questo senso è un cambiamento, è entrata nel bar”.
Questo significa tuttavia assumersi anche maggiori responsabilità in Europa. Meloni lo farà?
“Non credo perché ha una limitata libertà di manovra sia per ragioni interne al suo partito, sia per la presenza nella sua maggioranza della Lega, che sarà ancora più dura dovendo far fronte al suo problema esistenziale. Meloni dovrà uscire spesso da quel bar, per tenere buoni i suoi“.
Ha fatto bene il Pd a votare per Fitto?
“Ha fatto benissimo, lo avevo suggerito prima del voto. Fitto è il miglior candidato che questo governo potesse esprimere. Anche se, diciamolo chiaramente, la vicepresidenza esecutiva non conta nulla, io non ricordo neppure i nomi dei miei vicepresidenti che erano solo due, mentre ora sono addirittura sei”.
Lei ha accennato alla debolezza dell’opposizione, tanto più vera oggi che uno degli attori del Campo largo, il Movimento 5 Stelle, appare dilaniato. Che deve fare il Pd?
“Il Pd non può coltivare di nuovo l’illusione di vincere in solitudine, che gli è costata grandi sconfitte. Certo mancano poco più di 2 anni alle elezioni e le dinamiche future non sono prevedibili. Assistiamo a una varietà di composizioni e scomposizioni nelle diverse elezioni regionali. Tutto dipenderà quindi dalla capacità del Pd di costruire le alleanze necessarie e, nello stesso tempo, di conquistare consensi con programmi attivi. Non è sufficiente criticare, seppure a ragione, un governo che è sostanzialmente inesistente, nella politica economica, industriale e sociale. Il Pd deve preparare riforme in grado di infiammare l’elettorato, che è scontento del governo ma non vede alternative, allarga le braccia e teme il salto nel vuoto. L’industria italiana è in grave crisi, così come quella tedesca, ma a differenza che in Germania, da noi non se ne discute. Non lo fa neppure Confindustria”.
Elly Schlein è in grado di guidare questa operazione?
“Il partito ha risposto e anche l’elettorato, ma l’operazione non è ancora iniziata. Non vedo per esempio grandi discussioni, a partire dalla direzione e dalla segreteria, sulla politica industriale“.
Il ministro dell’Economia olandese, Dirk Beljaarts, ha già incontrato Robert Lighthizer, l’uomo che consiglia Trump sul commercio ed è considerato il falco dei dazi. C’è il rischio di una corsa degli europei ad accordarsi separatamente con Trump?
“Non è un rischio, è una certezza. La strategia di Trump sarà proprio quella di dividere gli europei. Il suo obiettivo è picchiare in testa ai Paesi che hanno una bilancia commerciale in forte attivo con gli Usa. Il deficit americano è spaventoso sia verso la Cina che verso l’Ue. In Europa ci saranno molti governi che cercheranno accordi separati. Penso che Trump, come prima mossa, sceglierà prodotti significativi per imporre dazi, uno per Paese: le auto in Germania, lo champagne in Francia, e magari il formaggio in Italia. E per l’Europa sarà un test durissimo”.
Ovunque nel mondo la democrazia è sotto pressione. Lei parla di “orbanizzazione” dell’Occidente. Cosa intende?
“Le società si sono complicate. Costruire governi di coalizione tra partiti omogenei è sempre più difficile. Ma nelle alleanze disomogenee prendere decisioni è quasi impossibile. La crisi tedesca è emblematica delle difficoltà della democrazia in Occidente. Accordi politici chiari sono sempre più difficili. Per questo motivo è facilitato l’arrivo di personaggi che accorpano un Paese dietro un’idea non democratica: Orbán con la democrazia illiberale, Trump con Make America great again “.
Nelle sue memorie Angela Merkel ha difeso la scelta del vertice Nato di Bucarest nel 2008, quando insieme a Sarkozy e a lei, diceste di no all’apertura di negoziati di adesione con Ucraina e Georgia, proposta dagli Usa. Se avessimo detto sì allora, Putin avrebbe invaso la Georgia pochi mesi dopo e l’Ucraina nel 2022?
“Non lo so. Ma Putin non avrebbe mai attaccato l’Ucraina se avessimo avuto l’esercito europeo. Questo lo posso dire con certezza. Lui non si aspettava una risposta Nato così compatta, mentre un esercito europeo avrebbe avuto una funzione decisiva di deterrenza. Per questo insisto che o facciamo la difesa e la politica estera comuni, o avremo problemi ancora più gravi di quelli che abbiamo oggi. Come dice la Bibbia, “poiché non sei né freddo, né caldo, io sto per vomitarti dalla mia bocca“. Abbiamo, come la Cina, il 17% del prodotto mondiale lordo e spendiamo in armi come Pechino, ma in modo non coordinato. Ma non contiamo nulla. Non ne posso più delle mediazioni di Bruxelles. O cambiamo i metodi di decisione, a cominciare dalla fine del voto all’unanimità, o la Storia finirà per condannarci. Abbiamo già perso potere politico, con Trump perderemo anche quello economico. E sta già succedendo”.