I gesti unilaterali e offensivi di Trump mettono a rischio l’amicizia Europa-USA
Rottura sul nucleare – L’Europa deve lasciare solo Trump sul dossier Iran
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 13 maggio 2018
Sono passati cinque giorni da quando Trump ha annunciato il ritiro americano dal trattato sul controllo dell’armamento nucleare iraniano, firmato nel 2015 anche da Russia, Cina, Germania, Francia e Gran Bretagna. Tuttavia, più passa il tempo, più è difficile capire le ragioni per cui questo gesto unilaterale così grave sia stato compiuto.
La prima perplessità riguarda la caduta di credibilità internazionale che verrà a pesare sugli Stati Uniti. L’affidabilità americana è infatti destinata a crollare se un presidente può liberamente disfare quello che i suoi predecessori avevano invece sottoscritto dopo anni di faticose trattative e dopo che l’agenzia di controllo dell’Onu e il Consiglio di sicurezza hanno accertato che gli obblighi contenuti nel trattato sono sempre stati rispettati. È infatti noto che i patti sottoscritti debbono essere onorati.
Il problema diventa ancora più delicato quando la violazione avviene alla vigilia dell’incontro fra Trump e il leader nord coreano sullo stesso delicato problema della proliferazione nucleare. Come potrà Kim Jong-un sentirsi impegnato a rispettare un eventuale accordo quando la sua controparte ha dimostrato di poter ripudiare a sua discrezione qualsiasi accordo? E come impedire, se non con la forza, che l’Iran, di fronte al gesto unilaterale americano, si senta libero di riprendere la corsa alla bomba nucleare che il trattato aveva provvidenzialmente interrotto?
Per dare più forza alla sua decisione Trump ha inoltre annunciato l’adozione di sanzioni ancora più severe nei confronti dell’Iran, pensando in questo modo di fare cadere il regime che ora si regge su un delicato equilibrio fra gli oltranzisti religiosi e il più moderato presidente Rouhani. Il risultato non può che essere quello di rafforzare i falchi che, tra l’altro, si sono sempre opposti alla firma di ogni accordo. È chiaro, inoltre, che la Cina e la Russia non hanno nessuna intenzione di applicare le sanzioni ma anzi, come già hanno fatto in passato, approfitteranno delle sanzioni per aumentare i rapporti commerciali e gli aiuti economici all’Iran.
Tuttavia le conseguenze per noi più importanti riguardano il deterioramento dei rapporti fra l’Europa e gli Stati Uniti.
Le nostre relazioni economiche con l’Iran sono infatti incomparabilmente più intense rispetto a quelle americane e non è quindi rassicurante sentire il presidente Trump annunciare agli europei che le loro imprese saranno penalizzate nei rapporti con gli Stati Uniti se non rispetteranno le sanzioni imposte dal ritiro unilaterale nei confronti di un accordo che fino ad ora non è stato violato.
Nessun dubbio sull’atteggiamento da tenere sia nel presente sia nel futuro da parte dei paesi europei: rimanere fedeli al trattato e niente sanzioni finché esso continua ad essere rispettato. Certo dobbiamo tenere presente che le singole imprese europee, anche se condurranno rapporti corretti con l’Iran, saranno potenzialmente soggette a sanzioni da parte americana. Occorre quindi che i paesi europei facciano finalmente fronte comune perché, in questo caso, le possibilità di essere danneggiate saranno vicine allo zero.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito al pellegrinaggio dei leader europei a Washington, allo scopo di convincere Trump a non recedere dal trattato. Questi isolati pellegrinaggi hanno avuto come risultato che il Presidente americano non solo lo ha ripudiato ma ha annunciato un aggravamento delle sanzioni. Singolarmente presi gli stati europei hanno sostanzialmente subito un’umiliazione proprio perché, singolarmente presi, non possono ottenere alcun risultato, salvo quello di continuare ad essere sfottuti e snobbati.
Tra poche ore i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Gran Bretagna si incontreranno con il loro collega iraniano. Non hanno altra scelta che quella di chiedere che l’Iran resti fermo nell’obbedienza dei trattati e di promettere, a loro volta, di sviluppare con l’Iran rapporti economici capaci di resistere agli inviti di rottura che vengono da oltreoceano.
L’amicizia fra Europa e Stati Uniti è sempre stata (e ancora è) uno strumento essenziale per la pace e la prosperità del mondo, ma l’amicizia si fonda sul rispetto reciproco e non sull’umiliazione generata da gesti unilaterali e offensivi.
E non è certo con una politica di isolamento che Trump può difendere gli interessi di lungo periodo di Israele e dell’Arabia Saudita, pilastri della politica americana in Medio Oriente. Fino ad ora la decisione di Trump sul nucleare iraniano ha ottenuto infatti il singolare risultato di rafforzare la posizione di Russia e Cina che, almeno sulla carta, sono nemici degli Stati Uniti, mentre ha danneggiato e indebolito i tradizionali amici europei. E poiché non mi sembra, almeno fino ad ora, che ci si trovi di fronte ad un rovesciamento della strategia politica americana, dobbiamo ammettere che si tratti solo di un grave errore.
L’unico rimedio per alleviare le conseguenze di quest’errore è l’adozione di una politica europea ferma e unitaria. Speriamo che, almeno in quest’occasione, questa strada venga percorsa fino in fondo.