Per il PD un’occasione unica: ora serve cultura di governo
Prodi: Il campo largo c’è, ora serve cultura di governo
” Schlein può essere la federatrice di tutta l’opposizione. Vedremo se vuole e se saprà farlo La vera rivoluzione è che nella nuova Europa la Germania e la Francia non sono più insieme”
Intervista di Fabio Martini a Romano Prodi su La Stampa dell’ 11 giugno 2024
Romano Prodi accompagna sempre i suoi giudizi con lo sguardo di chi ha guidato il “governo” europeo per cinque anni e quello italiano per due volte e sulla scorta di questa doppia esperienza, suggerisce di non scambiare il 9 giugno 2024 per una delle tante giornate importanti, perché stavolta potremmo trovarci dentro un vero passaggio d’epoca: “In questa “nuova” Europa non ci sono più la Germania e la Francia, almeno come le abbiamo conosciute per decenni. Sono state il motore dell’Unione, ma ora quel motore è in crisi. E questa rischia di essere una rivoluzione”. E quanto ai nuovi equilibri che si sono determinati in Italia, al governo e all’opposizione, Prodi si scopre ottimista, ma ad una condizione: “Il Pd sarà capace di coltivare il campo largo che gli si è aperto davanti per meriti propri e anche per insperata fortuna? Se ci riesce, si riapre la battaglia politica in Italia. Abbiamo davanti un’occasione unica. ma bisogna saperla cogliere, costruendo una cosa che manca: una autentica coalizione e una cultura di governo”.
In Italia la maggioranza di governo esce rafforzata: per quali ragioni?
“No, non si è rafforzata la maggioranza, si è rafforzata Giorgia Meloni. La sua campagna elettorale, a dir la verità, non è stata granché, né esteticamente, né programmaticamente, però è riuscita a dare il senso della sua forza di governo. I punti guadagnati sono tutti suoi. Anche grazie ad una opposizione, assolutamente fragile, che sinora non è stata capace di costruire un’alleanza alternativa”.
Gli elettori hanno premiato il Pd e penalizzato i Cinque stelle: che scenario si apre?
“Il Pd è ora dominante all’opposizione, dato di fatto che nessuno aveva previsto. Si immaginava che i Cinque stelle avrebbero avuto più della metà dei voti del Pd e invece scopriamo che sono molto meno della metà. Renzi, che aveva cercato il “soccorso rosso” di Emma Bonino, non ce l’ha fatta. Tutte queste novità cambiando lo scenario. Abbiamo davanti un’opportunità straordinaria che forse neppure Elly Schlein poteva immaginare si manifestasse così. Ora anche le alternative di centro sono disponibili””.
Nel passato con gli ex Pd si sono consumati scontri avvelenati: non sarebbe tempo di finirla con i veti?
“Mi scusi ma lei pensa che ai tempi dell’Ulivo ci fossero soltanto grandi amori? La politica è intelligenza e flessibilità, mettere assieme i programmi che ci sono. Il Paese non ne può più delle differenze. Se costruisci un’alleanza sui grandi temi, le differenze personali perdono peso, perché c’è un disegno”.
I nuovi rapporti di forze autorizzano qualsiasi ambizione per Schlein ma 30 anni fa i progressisti sono andati al governo per la prima volta nella storia della Repubblica, quando l’allora Pds, il triplo dei voti del Ppi, pensò che si potesse vincere con un federatore credibile, proprio lei: alla fine potrebbe riproporsi questo scenario?
“Dissi tempo fa che poteva essere Elly la federatrice di tutta l’opposizione. Ora l’occasione si presenta: vedremo se vuole farlo e se saprà farlo”.
I candidati riformisti del Pd hanno sommato quasi 2 milioni di preferenze: la loro cultura di governo, quando c’è, va preservata?
“La cultura di governo non va preservata, va costruita: questo è il problema. Però per la prima volta c’è l’occasione concreta per farlo”.
Dal voto, è apparsa una nuova Europa: si prepara a cambiare dottrina sui fondamentali, o è solo una correzione? Un’Europa con un baricentro più spostato a destra?
“Se guardiamo ai risultati complessivi siamo davanti ad una semplice correzione. In fondo i Popolari dovrebbero aver guadagnato 9 seggi, i Socialisti ne dovrebbero perdere 4 e invece i liberali di Macron ne dovrebbero perdere più di venti. La destra guadagna qualche punto, persino meno del previsto, Ursula perde una quindicina di seggi: dunque, un piccolo passo indietro, non grave. Il problema, la vera rivoluzione è che in questa “nuova” Europa la Germania e la Francia non sono più insieme”.
Il peso di quei due Paesi può ridursi così drasticamente da un giorno all’altro?
“L’Europa si è sempre retta sulla spinta di due motori e quei due motori sono in crisi. Già da tempo avevamo una Germania e una Francia non più all’unisono come in passato. Ma improvvisamente Macron ha aperto il sacco, dando via libera forse a un governo Le Pen-Bardella. Di lui ho letto la storia politica su Le Monde: un tipo che ha una formazione coerente, di estrema destra. La Germania invece continuerà ad essere guidata dall’attuale governo di coalizione, a cui si accompagna però un rischio enorme: per la prima volta dopo decenni, potremmo avere una Francia e una Germania collocati su schieramenti diversi. Ma soprattutto – ecco il punto – con due idee diverse di Europa”.
E questo combinato disposto, maggioranza sulla carta e ridotto peso franco-tedesco concretamente cosa può causare sin dalle prossime settimane?
“O c’è compattezza assoluta nei parlamentari di “maggioranza”, cosa della quale dubito, oppure diventa tutto più complicato e a quel punto si apre un negoziato…”.
Era proprio lo scenario di chi immaginava di calare al momento “giusto” la candidatura di Draghi…
“Dobbiamo partire da un presupposto: dati i risultati elettorali il Ppe non transigerà sulla Presidenza ad un proprio esponente. Dopodiché il Presidente della Commissione si deve eleggere in Parlamento a voto segreto che diventa spesso il luogo della vendetta”.
Una specialità della politica italiana, a un certo punto da noi fu fortemente limitato.
“No, guardi il voto segreto anche a Bruxelles è il luogo del risentimento e dell'”ora ci penso io””.
E il voto segreto che c’entra con Francia e Germania?
“Davanti a quel passaggio stretto che riguarderà il Presidente della Commissione, un conto è avere Germania e Francia dalla tua, un conto è ritrovarteli depotenziati”.
Detto brutalmente qual è l’Europa che nelle prossime settimane e mesi si rischia di perdere per strada?
“Quando ero Presidente della Commissione, durante un dibattito sull’allargamento al Parlamento europeo, ascoltai una frase bella e sintetica: “Siamo un’Unione di minoranze“. Era un parlamentare appartenente a una minoranza etnica di uno dei nuovi Paesi che stavano entrando nell’Unione. Raccontò che suo nonno era stato perseguitato perché appartenente a una minoranza etnica e suo padre era stato esiliato per lo stesso motivo. Lui voleva che il suo Paese entrasse nell’Ue in quanto Unione di minoranze. Quella Europa è stata costruita da una élite europea, formata da Germania e Francia e talora anche dall’Italia. Ora l’Italia difficilmente potrà essere un punto di riferimento europeista e non potrebbe nemmeno esserlo, visto che Popolari, socialisti e liberali hanno espresso un veto verso la destra e dunque anche verso i Conservatori di Meloni”.