Instabilità e mercati: ora tocca alla BCE
Instabilità e mercati, ora tocca alla Bce
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 10 agosto 2024
Nessuno è naturalmente in grado di prevedere se la caduta dei prezzi dei mercati finanziari mondiali sia un episodio temporaneo o costituisca l’inizio di un nuovo orientamento dei mercati. E’ tuttavia certo che gli aumenti della borsa americana sono fuori da ogni rapporto con la realtà economica, nonostante il buon andamento dell’economia e le rosee prospettive dei grandi giganti della tecnologia.
Basti riflettere sul fatto che Apple, Microsoft, Nvidia, Google, Amazon, Meta e Tesla erano arrivati a quotare 13.000 miliardi di dollari, un valore superiore alla somma del Prodotto Interno Lordo di tutti i paesi dell’area Euro messi insieme. Nello stesso tempo il mercato azionario americano ha raggiunto il 70% del valore delle borse dell’intero pianeta.
Si tratta di un’escalation senza precedenti. Negli ultimi cinque anni le quotazioni della Microsoft sono aumentate del 200% e ancora meglio ha fatto la Apple arrivando al 300%, mentre la Tesla ha addirittura superato il 1000%. Questi aumenti sono stati certamente aiutati dal buon andamento dell’economia americana, cresciuta negli ultimi anni il doppio dell’economia europea. A questo è aggiunto lo straordinario sviluppo tecnologico e una cieca fiducia di una crescita senza limiti, favorita dall’ipotesi di un futuro ancora più promettente, perché spinto da ulteriori possibili salti tecnologici. Il tutto è stato ulteriormente gonfiato da una non sempre giustificata previsione di un’espansione senza limiti dell’intelligenza artificiale.
Tutto ciò ha portato l’indice delle 500 imprese della borsa americana certificate da Standard and Poor a un livello superiore a 20 volte i loro profitti attesi, livello molto difficile da conservare anche in caso di un prospero futuro.
E’ bastato quindi un modesto dato negativo per scatenare una tempesta perfetta. Una tempesta preparata da tutte queste esagerazioni precedenti e che ha trovato la causa scatenante in un limitato raffreddamento del mercato del lavoro che, nel dato più recente, ha contato 114.000 nuove assunzioni, invece delle 175.000 previste. Il tutto con un tasso di disoccupazione che, pur essendo cresciuto negli ultimi mesi, rimane ancora limitato ad un modesto 4.3%.
Non possiamo però dimenticare che questa inversione di tendenza avviene quando mancano meno di tre mesi alle elezioni americane e che le prospettive meno esaltanti sull’effetto delle nuove tecnologie si accompagnano a una stagnazione dei consumi, evento che rende ovviamente ancora più complicata la campagna elettorale del partito democratico.
Nonostante gli indubbi successi economici dei quattro anni di Biden, la candidata democratica Kamala Harris deve quindi difendersi non solo dall’accusa di un eccessivo aumento dei prezzi, ma anche dal pigro andamento dei consumi che ad esso si è ovviamente affiancato.
Non ci si deve perciò sorprendere che il dibattito sul futuro dell’economia americana sia radicalmente cambiato in pochi giorni e che, anche se la maggioranza degli esperti non prevede una recessione, vada prevalendo l’ipotesi di un suo rallentamento, seppure battezzato col termine quasi affettuoso di “atterraggio morbido” (soft landing).
In pochi giorni si è creata perciò una situazione tale da aumentare le probabilità che la Riserva Federale sia spinta ad abbassare i tassi di interesse e, soprattutto, ad annunciare questa nuova politica nel più breve tempo possibile, in modo da correggere l’andamento dell’economia prima dell’appuntamento elettorale.
Finora ci siamo concentrati sull’economia americana, ben sapendo tuttavia che le conseguenze di quanto descritto si sono già fatte sentire in tutto il mondo.
I mercati finanziari sono infatti più globalizzati rispetto all’economia reale, riguardo alla quale le barriere commerciali e il tempo necessario per cambiare le politiche di produzione e di investimento sono meno immediate. Inoltre le imprese americane hanno attratto capitali da tutto il mondo e le onde delle crisi finanziarie americane, come è avvenuto anche nel recente passato, portano danni a tutto il pianeta.
Anche se con variazioni percentuali tra loro diverse, la Borsa di Tokyo e i mercati europei hanno immediatamente seguito la tendenza americana, così come è nato un diffuso allarme per un rallentamento dell’economia dei loro paesi.
Il dibattito sulla politica economica ha immediatamente cambiato di segno e la spinta per un più rapido e corposo abbassamento dei tassi di interesse sta guadagnando consenso anche in paesi, come la Germania, che hanno tradizionalmente un atteggiamento molto prudente nei confronti delle politiche monetarie permissive.
E’ troppo presto per prevedere se e come questo rapidissima successione di eventi si tradurrà in un cambiamento della prudente politica fino ad ora seguita dalla Banca Centrale Europea, ma è certo che la paura di essere di fronte alla prospettiva di una contrazione dell’attività economica, sta facendo strada molto rapidamente. Inoltre anche in Europa si è in presenza di una situazione politica molto particolare, nella quale la composizione degli organi del governo europeo è appena iniziata e occorreranno ancora molte settimane perché venga completata.
L’unico organismo fornito dei suoi pieni poteri è proprio la Banca Centrale Europea, che rimane quindi l’arbitro quasi assoluto delle prossime decisioni di politica economica.
Non resta quindi che augurarci che essa sappia affrontare con la necessaria consapevolezza e rapidità le novità alle quali quest’inizio delle ferie estive ci ha inaspettatamente posto di fronte. Sempre nella speranza che tutte le altre istituzioni europee entrino presto nelle loro piene funzioni.