La tregua sui dazi USA: un’occasione per l’Europa

La tregua commerciale un’occasione da cogliere

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 12 aprile 2025

Dopo tante follie e tanti cambiamenti inattesi e irrazionali, la politica commerciale di Trump è ritornata al punto di partenza, cioè alla sfida all’ultimo sangue con la Cina. Rimangono naturalmente tante altre stranezze, ma si apre inaspettatamente una tregua con l’Unione Europea. Sia ben chiaro che si tratta soltanto di una tregua che potrebbe essere seguita da un nuovo conflitto, ma essa è tuttavia accompagnata da un cambiamento che potrebbe anche durare qualche giorno in più. Da parte americana viene per ora accantonata la dottrina secondo la quale gli Stati Uniti avrebbero trattato solo con i singoli paesi, senza prendere in considerazione l’Europa, continuamente disprezzata, indicata come un debole nemico e persino insultata.

Trattandosi di Trump non possiamo giurare che questa decisione sia definitiva, ma appare oggi la più plausibile, tenuto conto dei problemi concreti della politica interna e dell’economia americana.

Prima di tutto della politica. Non dimentichiamo infatti che, nell’ultima campagna elettorale, l’unico punto di convergenza fra repubblicani e democratici è stata proprio la profonda avversione nei confronti della Cina, vista come un nemico totale e implacabile. Un’avversione che comprendeva come obiettivo la costruzione di un mondo diviso fra West, formato dagli Stati Uniti e dai paesi amici a partire dall’Europa e dal Giappone, contro il Rest, formato dalla Cina insieme alla maggioranza dei paesi emergenti.

Il Trump degli ultimi tempi era invece andato per conto suo, adottando la dottrina di schierare gli Stati Uniti da soli contro tutti, con la prospettiva che i rapporti unilaterali avrebbero costretto i singoli paesi ad inginocchiarsi davanti a lui a uno a uno. La realtà, che ha preso corpo con il crollo di Wall Street, con la debolezza del dollaro, con la vendita dei titoli pubblici e con il conseguente aumento dei tassi di interesse del debito americano, ha obbligato Trump a ritornare sui propri passi e, soprattutto, a riconoscere finalmente l’Unione Europea come il suo principale interlocutore.

Tutto questo cambia anche il significato della missione della Presidente Meloni a Washington fissata per il 17 prossimo. Non più il disegno di porsi come impossibile mediatore per l’Unione Europea, ma un utile viaggio per riaffermare l’importanza dei legami fra l’Italia e gli Stati Uniti, come hanno fatto, per il loro paese, tanti altri leader nazionali, a partire dal presidente francese Macron.

In ogni caso gli avvenimenti delle ultime ore stanno dimostrando che, se unita, l’Europa ha la possibilità di reggere l’urto delle sanzioni americane non solo applicando barriere doganali, con la conseguenza di deprimere ancor più l’economia, ma anche prospettando regolamenti più severi e una più adeguata imposizione fiscale nei confronti delle grandi piattaforme americane che ancora oggi trasferiscono oltre Atlantico gli enormi profitti delle loro attività europee, profitti finora colpiti con gravami del tutto risibili.

Teniamo però presente che i dazi reciprocamente proibitivi fra Cina e Stati Uniti implicano conseguenze enormi per le relazioni economiche ancora esistenti fra i due grandi paesi nemici.

Più di un quarto delle esportazioni cinesi negli Stati Uniti è infatti ancora prodotto da imprese multinazionali, in prevalenza americane, e nessuno prevede quali possano essere le reazioni del consumatore americano quando sarà costretto a pagare oltre tremila dollari il suo IPhone fabbricato in Cina.

In questo inevitabile caos l’Unione Europea deve quindi costruire una propria strategia negoziando duramente con gli Stati Uniti in tutti i campi, ma tenendo presente che la Cina ha ormai un ruolo di condivisa primazia anche nelle tecnologie più all’avanguardia e una penetrazione nei mercati terzi molto superiore a quella degli Stati Uniti. Sono quindi necessari, da parte europea, stretti legami con gli Stati Uniti, con accordi reciproci che debbono comprendere non solo merci e servizi, ma anche cooperazioni politiche e tecnologiche.

Tutto questo, però, accompagnato da un necessario dialogo con la Cina non solo per evitare di essere invasi dalle esportazioni cinesi che trovano chiusa la porta americana, ma per collaborare nei settori, a cominciare dall’Intelligenza Artificiale, nei quali la Cina ha dimostrato di possedere tecnologie di altissimo livello che possono trovare sinergie con strutture e imprese europee. Dal caos prodotto da Trump nasce quindi una nuova libertà d’azione di cui l’Europa potrebbe facilmente approfittare se avesse finalmente il senso di una nuova visione da mettere in atto in tempi brevissimi. Temo invece che Trump intenda soprattutto utilizzare i 90 giorni di tregua con l’Europa per obbligare anche noi a imporre barriere proibitive nei confronti della Cina, in modo da isolarci dal Celeste Impero e, di conseguenza, dal resto del mondo.

Dalle ultime parole di Trump si deduce infine che le difficoltà di politica interna lo spingono ad ottenere risultati anche in politica estera.

Soprattutto nei confronti della guerra di Ucraina, riguardo alla quale ha adombrato l’ipotesi che si possano raggiungere presto risultati concreti. Nonostante i dissensi, Putin e Trump si sono infatti spinti molto avanti nelle trattative per una tregua.

Certamente non subito, anche perché il tempo gioca a favore della Russia, che tende quindi a guadagnare tempo.

L’appoggio americano all’Ucraina appare però sempre più erratico e non può essere sostituito da una coalizione guidata da Francia e Gran Bretagna che, pur impegnandosi con solenni dichiarazioni, ben difficilmente invieranno truppe sul terreno sufficienti a difendere l’Ucraina. Nulla ci ha detto invece Trump nelle ultime ore riguardo alla Palestina, dove la tragedia iniziata il 7 ottobre sta consumandosi con la totale distruzione di Gaza e dei suoi abitanti. A Gaza soltanto l’odio rimarrà in piedi in eterno.

 

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Dati dell'intervento

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Categoria
aprile 12, 2025
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